martedì 24 marzo 2015

Bruce Nauman

Nel post del 19 marzo ho riportato l’opera di Bruce Nauman  The true artist helps the world by revealing mystic truths e, dal momento in cui ho deciso di “elevarla” ad immagine simbolo del mio blog, mi sembra opportuno parlarvi di questo artista.
Nauman nasce nel 1941 nello stato dell’Indiana, USA. Se dovessimo attribuirgli un genere artistico potremmo avvicinarlo all’Arte concettuale, in cui si assiste ad una smaterializzazione dell’opera, ad una supremazia delle idee, che sottendono la realizzazione del lavoro artistico, rispetto alla materialità. L’attività di Nauman spazia da sculture a video, da ambientazioni ad ologrammi, ponendo l’attenzione su tematiche riguardanti il linguaggio, il corpo, l’identità, con lo scopo di ottenere un coinvolgimento attivo dello spettatore.

In One hundred Live and Die (Cento volte vivere e morire) ci si trova di fronte a quattro file di neon colorati in cui sono riportate venticinque brevi frasi. Nella prima e terza fila tutte le locuzioni terminano con “Die”, mentre nella seconda e quarta con “Live”. Live and die/die and die/ sleep and die/ love and die” (ossia “Vivi e muori/ muori e muori/ dormi e muori/ ama e muori”), contrapposte a “Live and live/ die and live/ sleep and live/ love and live” (“Vivi e vivi/ muori e vivi/ dormi e vivi/ ama e vivi). Il vivere e il morire sono due momenti che, inevitabilmente, fanno parte dell’esistenza umana e qui vengono enfatizzati accompagnandoli con semplici attività quotidiane. Il mangiare, il dormire, il parlare prendono vita in quel lasso di tempo che separa il nascere dal morire, azioni che facciamo durante il nostro “stare al mondo”, ma dietro cui aleggia sempre l’idea della morte, condizione imprescindibile della vita.
Bruce Nauman, One hundred Live and Die (Cento volte vivere e morire), 1984. Tubi al neon montati su monoliti di metallo, 118x132,5x21 cm. Kagawa, Collezione Naoshima, Contemporary Art Museum.

Questi neon colorati, che al primo impatto sembrano divertenti, nascondono la complessità del linguaggio e dell’esistenza umana. Veder scritto con colori fluorescenti la parola “Morire” crea disagio, destabilizza: alla morte si collega, solitamente, il nero, l’assenza di luce, mentre il neon produce una forte luminosità. È come se Nauman volesse addolcirci una medicina con del miele! La parola scritta non ha senso da sola, rimarrebbe una semplice successione di lettere se non ci fosse una mente a decodificarla e a darle valore.

Guardando quest’opera mi viene in mente Andy Warhol con i suoi Barattoli di Campbell’s Soup. In questo caso ci troviamo di fronte alla rappresentazione di barattoli di fagioli disposti su quattro file da otto. Warhol voleva riprodurre la serialità con cui i beni di consumo si presentavano sugli scaffali dei supermercati, nuovi luoghi di culto per una società che si stava convertendo alla religione del consumismo. Con One hundred Live and Die Nauman, invece, vuole rappresentare la serialità delle nostre attività giornaliere, svolte automaticamente, senza pensarci. Il fatto che accanto ad ogni affermazione ci sia il suo opposto destabilizza, disorienta, è come se non sapessimo più dove rivolgerci e cosa pensare, è come se improvvisamente non avessimo più certezze. Nella vita di tutti i giorni la certezza non esiste, a parte il Live e il Die, ma, non essendo abituati a fermarci e riflettere su questo, ci sentiamo smarriti quando la realtà delle cose ci si mostra forzatamente.
Andy Warhol, Barattoli di Campbell's soup, 1962. Vernice di polimeri sintetici su trentadue tele, ogni tela 50,8x40,6 cm. New York, Museum of Modern Art.

Vastissima è l’attività di Nauman che, chi ha la possibilità, può conoscere più approfonditamente a Parigi, grazie alla mostra riguardante l’ultimo ventennio del suo lavoro, ospitata presso la Fondation Cartier dal 13 marzo al 21 giugno. Qui si può ammirare una videoinstallazione, Anthro/Socio( Rinde facing camera), in cui compare, su sei monitor, il volto di un performer che urla sempre le stesse parole “Feed me/ eat me/ anthropology” , “Help me/ hurt me/ sociology…”(“Nutrimi/ mangiami/ antropologia”, “Aiutami/colpiscimi/ sociologia…”). Queste frasi, ripetute incessantemente, creano angoscia, portando lo spettatore a riconsiderare i suoi bisogni, il suo rapporto con la società, cosa che abbiamo già visto in One hundred Live and Die.

Bruce Nauman, Anthro/Socio (Rinde facing camera), 1991. Installazione audiovisiva (Glenstone Foundation).

Sempre nella mostra presso la Fondation Cartier è possibile ammirare l’installazione Carousel (stainless steel version), cioè Carosello (versione acciaio inox), una giostra in cui sono appesi calchi in acciaio e alluminio raffiguranti animali interi, o parti di essi, appesi  come se fossero nel magazzino di un macellaio, rivelando all'uomo una cruda realtà.
Bruce Nauman, Carousel (Stainless steel version), 1988. Acciaio, alluminio, gommapiuma, motore elettrico (courtesy Glenstone Foundation).

Con i suoi lavori eclettici Nauman non vuole sorprenderci o farci divertire, ma indirizzarci verso significati più profondi: The true artist helps the world by revealing mystic truths (Il vero artista aiuta il mondo rivelando verità mistiche).


Per chi vuole saperne di più su Bruce Nauman consiglio:

   Rahimi, F. (a cura di), Bruce Nauman. Interviste 1967-2001, Milano, A&Mbookstore Edizioni, 2005.


Bibliografia:

   Dorfles, G., Vettese, A., Princi, E., Arte e artisti, Bergamo, Atlas, 2011, p. 388;


   Viola, E., “Bruce Nauman. Una giostra di ossessioni”in Arte, 499, Marzo 2015, Milano, Editoriale Giorgio Mondadori, pp. 84-89.

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